Prefazione all’edizione italiana di: Corsini R.J. e Wedding D., a cura, Psicoterapia: Teorie Tecniche Casi [ed. originale 1995]. Milano: Guerini e Associati, 1996, 9-23.
Prefazione all’edizione italiana
di Felice Perussia
Lo studio della soggettività umana, dell’essere-nel-mondo di ciascuno di noi, è vecchio quanto l’uomo. La cosiddetta nuova psicologia, quale si è venuta configurando a partire dalla fondazione ottocentesca della psicologia sperimentale e successivamente della psicologia dinamica, data invece soltanto da poco più di un secolo.
L’attività psicoteraputica in particolare, fatta eccezione per il caso di Freud, di un numero ristretto di suoi seguaci e di qualche altro psicologo che agiva isolatamente, comincia a prendere piede solo successivamente alla prima guerra mondiale e si afferma con qualche rilievo soltanto dopo gli anni ’40 di questo secolo. Si tratta insomma di una teoria-tecnica-professione, ovvero di una disciplina, molto recente.
Nell’ambito della psicoterapia non esiste un corpus teorico che veda l’accordo generale degli studiosi e dei professionisti. In generale: è ben vero che nessuna disciplina scientifica è dotata di uno schema concettuale ed operativo condiviso all’unanimità da tutti gli studiosi e i professionisti del settore, a partire dalla medicina cui una parte degli psicoterapeuti (sempre a partire da Freud) cerca di ispirarsi. Il movimento psicologico, tuttavia, pare segmentato in scuole separate e talvolta contrapposte in una misura superiore a quella di altre scienze. Talvolta accade persino che quanto viene indicato da una scuola psicologica come elemento cardine dell’intervento terapeutico venga al contrario percepito da un’altra scuola come qualcosa di non-psicologico quando non addirittura di dannoso.
Nello stesso tempo, col procedere degli anni, è evidente il desiderio che molti psicoterapeuti nutrono di trovare elementi comuni a tutto il movimento, visto e considerato che si riescono talvolta a ottenere buoni risultati seguendo teorie-tecniche psicoterapeutiche molto diverse tra di loro anche con soggetti che invece presentano un quadro psicologico simile. Appare evidente, come una vasta letteratura di ricerca sugli esiti dell’intervento ha mostrato chiaramente, che la relativa efficacia della terapia psicologica non sembra dipendere in modo diretto dal tipo di modello cui il terapeuta si ispira. In pratica: un po’ tutte le teorie-tecniche raggiungono discreti risultati, anche quando si rifanno a concezioni contrapposte.
Da ciò discende lo straordinario interesse della rassegna organizzata da Corsini e Wedding, con la sua capacità di presentare in modo completo, l’una accanto all’altra e secondo uno schema ampio e sistematico, tutte le principali scuole psicoterapeutiche che tengono oggi la scena internazionale.
Il testo
Questo trattato è, da un buon quarto di secolo (nelle sue cinque edizioni rivedute), uno dei testi più utilizzati negli Stati Uniti, sia nel campo della psicologia clinico-dinamica sia in quello della psicologia della personalità e delle teorie psicologiche in genere.
La prima delle caratteristiche rilevanti del manuale sta nel fatto di riconoscere pienamente la continuità che collega fra loro le analisi teoriche e le applicazioni. Come è già stato sottolineato da molti, le teorie relative alla struttura della persona e le strategie di intervento terapeutico sono strettamente connesse, anche se spesso solo in forma implicita. Il procedimento terapeutico presuppone infatti una concezione di come funziona il soggetto, mentre la teoria sul soggetto definisce le strade lungo le quali agire ai fini dell’intervento. In sostanza: teoria e terapia sono due facce della stessa medaglia. Ovvero: i modelli descrittivi della personalità e i modelli di intervento (psicoterapeutico) sul soggetto rappresentano, in linea di massima, un tutto unico, semplicemente visto da punti di osservazione complementari.
Una seconda qualità del volume consiste nel fatto di essere il prodotto di un lavoro durato molti anni. Nel tempo ha avuto ben cinque edizioni (diffuse ognuna in decine e decine di migliaia di copie), ciascuna completamente rinnovata rispetto alla precedente, con aggiornamenti, modifiche, sostituzioni. Il testo, prima e dopo ciascuna edizione, è stato letto e chiosato da un gran numero di recensori, che hanno suggerito una quantità di perfezionamenti. A parte gli autori presenti nella (quinta e più recente) edizione qui pubblicata, vi hanno collaborato, per non citarne che qualcuno, personaggi del calibro dei coniugi Dusay, di Gary M. Jontef, Carl R. Rogers, James S. Simkin, tutti presenti in altre edizioni e che hanno rappresentato la base per i lavori di aggiornamento successivi. Il lettore con una certa competenza di psicologia vi riconoscerà insomma il Gotha assoluto della psicoterapia di lingua angloamericana. Il volume rappresenta cioè un punto di riferimento veramente sicuro e rappresentativo, oltre che attualissimo.
Una terza qualità del trattato consiste nel fatto che la scelta delle scuole riportate riflette l’uso attuale del movimento psicologico anglo-americano (e culture collegate). In questo senso: il contenuto del testo offre una notevole opportunità di aggiornamento, ovvero di svecchiamento. In particolare: vi si rileva come la prevalenza della dimensione freudiana, quale lettera cui riferirsi in forma esegetica, non rappresenti affatto la realtà nel movimento psicologico internazionale (pur essendone un punto di riferimento essenziale). Ci sarebbe anzi da chiedersi come mai in Italia, invece, il riferimento freudiano appaia tanto rilevante Sta di fatto, comunque, che la serenità con cui vengono presentati nel libro modelli psicologici molto diversi, ma ponendoli tutti allo stesso livello, aiuta a diradare le nebbie delle contrapposizioni stereotipali. È una boccata d’aria in un contesto che, essenzialmente per mancanza di aggiornamento, a volte può apparire piuttosto asfittico.
Una quarta caratteristica significativa infine (ma se ne potrebbero evidenziare molte altre) è l’attenzione che viene posta istituzionalmente anche alla ricerca in termini oggettivi. Noi sappiamo, da numerose indagini pubblicate in letteratura, che gli psicologi clinici sono relativamente poco portati al lavoro di ricerca empirica sistematica. L’indagine clinica, in effetti, viene condotta ampiamente, ma in una misura proporzionalmente inferiore al grande numero degli psicologi clinici che operano al giorno d’oggi. In altre parole: si pubblica relativamente poca ricerca sulla psicoterapia, ovvero si conduce in effetti della ricerca (ad esempio: la leggendaria pratica, intesa come rapporto inesprimibile tra cliente e psicologo), ma in una forma che mal si presta ad essere resa pubblica secondo i criteri di trasparenza e verificabilità che la tradizione scientifica pretenderebbe. I curatori del trattato hanno invece insistito esplicitamente presso gli autori dei singoli capitoli affinché la presentazione di ciascun modello psicoterapeutico fosse accompagnata anche da riferimenti puntuali alla ricerca clinica relativa. Si tratta di un ottimo esempio delle potenzialità di quel costante riferimento ai datii, anche in campo clinico, che si è oramai affermato nell’ambiente scientifico anglo-americano, ma che nel contesto culturale europeo e italiano in particolare (pur con alcune notevoli eccezioni) stenta a guadagnare lo spazio che merita.
Alcune riflessioni
Il campo della psicologia, e della psicoterapia in particolare (senza che sia di fatto molto facile distinguere l’una dall’altra), è talmente vasto che sarebbe impossibile tracciarne in breve un profilo. Mi limiterò dunque a proporre alcuni spunti di riflessione che derivano dalla possibilità, per il lettore italiano, di accedere al trattato curato da Corsini e Wedding, rimandando ad altre occasioni una analisi più ampia della psicoterapia, e del contesto psicoterapeutico italiano in particolare.
Un primo dato, piuttosto notevole, è che la psicoterapia (con i suoi complementari, variamente definibili, di psicologia clinica, psicologia della salute, psicologia dinamica, psicologia applicata, ecc) rappresenta il punto di riferimento della maggioranza assoluta degli psicologi in tutto il mondo. Ciò è ampiamente dimostrato dai molti dati di ricerca ormai disponibili in materia. Al contrario: negli ambiti universitari l’interesse di quanti formano i futuri psicologi è rivolto in misura dominante ad aspetti sperimentali non applicativi. Di ciò risente la letteratura scientifica del settore.
Conducendo un’analisi del contenuto sugli Psychological Abstracts, secondo la banca-dati PsychLit, attraverso la rilevazione della frequenza con cui compaiono tutte le parole che cominciano con psychotherap* (ad esempio: psychotherapy, psychotherapies, psychotherapist, ecc), si rileva che la voce psychotherap* compare, fra il 1974 ed il 1989, nell’ambito di 24.267 lavori (1.517 ogni dodici mesi in media) e, fra il 1990 e il settembre 1995, in 13.427 lavori (2.335 ogni dodici mesi in media). La frequenza relativa della famiglia di termini diminuisce tuttavia leggermente con il tempo: nel 1974 compare nel 5.74% dei titoli censiti dagli Psychological Abstracts; nel 1984 compare nel 5.52%; nel 1994 compare nel 5.15%.
Per fornire qualche elemento di paragone, si consideri che, con riferimento allo stesso periodo, le voci child* compaiono, fra il 1974 ed il 1989, nell’ambito di ben 87.495 lavori (5.468 ogni dodici mesi in media; cioè quasi quattro volte le voci pschotherap*) e, fra il 1990 e il settembre 1995, in 47.281 lavori (8.222 ogni dodici mesi in media; sempre in proporzione di 4 a 1). Le voci perception* compaiono, fra il 1974 ed il 1989, nell’ambito di ben 46.307 lavori (2.894 ogni dodici mesi in media; più di una volta e mezza le voci psychotherap*) e, fra il 1990 e il settembre 1995, in 23.968 lavori (4.168 ogni dodici mesi in media; con una proporzione di quasi 2 a 1). Gli esempi si potrebbero moltiplicare.
Nel complesso: negli ultimi vent’anni, circa 1 lavoro psicologico ogni 18 si richiama anche al tema della psicoterapia. È una frequenza relativamente elevata, ma certo, se si considera appunto che la maggioranza degli psicologi nel mondo si dichiara interessata principalmente ai temi clinico-psicoterapeutici (invece che ai bambini o alla percezione), il dato appare davvero modesto. Il senso di fondo è insomma che la psicoterapia è molto praticata, ma assai meno trattata sul piano della ricerca e della riflessione pubblica all’interno della comunità scientifica.
Un secondo elemento notevole del campo psicologico contemporaneo riguarda la varietà dei modelli cui gli psicoterapeuti si ispirano, pur nella pratica impossibilità di evidenziare in modo chiaro le qualità differenziali degli uni e degli altri. Il fatto che vi siano molte teorie-tecniche psicoterapeutiche, spesso ben strutturate e (almeno a detta di chi le presenta) piuttosto efficaci, dimostra nei fatti l’impossibilità di definire un modello terapeutico che sia nettamente migliore degli altri. È insomma implicita, particolarmente nella costruzione di un trattato che comprende modelli psicoterapeutici diversi e talvolta storicamente in contrasto fra di loro, l’idea che sia possibile ed utile un confronto ovvero una omogeneizzazione fra le diverse scuole, in termini integrativi più che contrappositivi.
In effetti, nella tradizione statunitense, il modello eclettico è ormai diventato la caratteristica dominante dell’intervento psicologico. Questa tendenza non si è ancora affermata in Italia, anche se vi sono molti segni del fatto che si sta sviluppando, peraltro soprattutto (pur con delle eccezioni) al di fuori dei contesti accademici. L’eclettismo pone peraltro molti problemi di socializzazione e di dissonanza cognitiva. È generalmente più rassicurante affidarsi a una formula che fornisca strumenti di traduzione semplici e in grado di affrontare qualsiasi caso senza porre troppi problemi. Non è facile trovare un linguaggio comune con gli studiosi di scuola diversa. Non è facile accettare i propri interlocutori (e concorrenti) su di un piano di parità.
La struttura della comunità degli psicoterapeuti tende del resto a creare in-group fortemente coesi. Le molte incertezze del mestiere richiedono la continua conferma, anche emotiva e in termini di costruzione dell’identità, da parte di colleghi con cui ci si sente di condividere qualcosa di comune. La coerenza nasce in parte dall’identificazione con un gruppo. Ci si rifiuta di partecipare a più gruppi contemporaneamente. Spesso la singola teoria viene affermata con decisione, senza troppe sfumature, e costruisce un gergo proprio, scarsamente permeabile all’esterno. La varietà delle strutturazioni teoriche e dei modi di formazione si connette alla necessità di socializzare (condizionare) pienamente l’adepto alla ideologia del gruppo. L’esistenza di altri che sbagliano, cui contrapporsi, aiuta a sentirsi nel giusto. Perché si sviluppi l’accettazione di più modelli contemporaneamente occorre che si crei un in-group eclettico, circostanza particolarmente difficile in un ambiente culturale esterno che il movimento psicologico considera spesso relativamente ostile e troppo critico.
Le molteplici scuole psicologiche ricordano per certi aspetti gli ordini religiosi: tutti nel medesimo contesto e tutti diversi. Visti dall’esterno, Fancescani e Gesuiti sono semplicemente due nomi diversi per dei religiosi. Visti dall’interno, sono due gruppi contrapposti. Questa lotta è però spesso mantenuta nell’ambito del gruppo, celandone la realtà agli estranei. La lotta per l’individuazione è tanto più forte quanto maggiore è la somiglianza. Non esistono gruppi più duramente antagonisti dei sottogruppi di una minoranza.
Il localismo, il settarismo, nascono proprio dalla consapevolezza di una matrice comune. È sui particolari che si combatte. Come nelle famiglie, o nelle coppie, ci si identifica (e si vuole controllare) molto più il proprio simile che l’estraneo. Pochi psicologi si preoccupano di sottolineare la propria (ovvia) distanza dall’organicismo positivista. Ma, se la mia identità viene definita in un altro a me simile, sto a precisare tutti i dettagli. È proprio il fatto che siamo tutti d’accordo sull’esistenza di una qualche forma di pensiero-determinismo inconscio o inconsapevole che mi fa combattere con il mio vicino per l’inconscio mio. Tuttavia, c’è da chiedersi, esiste davvero una grande differenza tra la coazione a ripetere di Freud, gli archetipi di Jung, le economie esistenziali di Biswanger, le sub-personalità di Assagioli, i costrutti personali di Kelly, i copioni di Berne, e quant’altro?
Un terzo tema rilevante nella costruzione della psicoterapia riguarda la riflessione sui temi di fondo della malattia, della terapia e della diagnosi. Come si noterà, all’interno di questo trattato nessun modello attribuisce particolare rilievo alla dimensione diagnostica. Alcuni autori pongono una certa attenzione a presentare degli strumenti di rilevazione sul caso (peraltro essenzialmente nei termini, assai poco da esame di laboratorio, del test o del questionario). Quasi nessuno però si preoccupa di identificare modalità specifiche di intervento in relazione alle diverse diagnosi. Ora: il modello medico, cui gran parte della psicoterapia di fatto si richiama, presuppone però che non possa esservi terapia senza diagnosi.
Sorge allora il dubbio che lo specifico psicoterapeutico non si basi sul criterio della malattia-diagnosi-terapia, ma su di un processo almeno per certi aspetti originale rispetto al modello medico tradizionale. Sorge anche il dubbio che sia piuttosto difficile parlare di malattia per situazioni (il disagio psicologico) la cui sintomatologia è così generica e la cui eziopatogenesi è così poco definibile (se non, vagamente, a posteriori). Avviene così che una parte degli autori, pur praticando quella che agli occhi del pubblico appare appunto come psicoterapia, preferisca parlare piuttosto di disagio psicologico e di sofferenza (invece che di malattia) ovvero di crescita personale e di ridefinizione del mondo interno (invece che di terapia).
Quest’ultimo tema si presenta in termini particolarmente complessi, per cui non è possibile sviscerarlo in questa sede. Varrà tuttavia la pena di sottolineare come, allo sviluppo teorico-tecnico della psicoterapia (accanto alla sua affermazione in termini di rilevanza sociale), sembra accompagnarsi anche una nuova identità dell’intervento psicologico. Uno degli elementi caratterizzanti del futuro della disciplina, accanto allo sviluppo della integrazione fra modelli, potrebbe allora essere la definizione di una sua nuova identità, cui forse potrà corrispondere anche una sua nuova definizione.
Qualche aggiornamento sul contesto statunitense
A complemento di questi poche pagine introduttive per il lettore italiano, potrà essere utile accennare anche ad alcune fonti di aggiornamento che possono aiutare a inquadrare meglio il testo. La letteratura internazionale sulla psicoterapia è infatti molto vasta e in continua crescita.
Fra i molti lavori disponibili in campo psicoterapeutico possiamo ricordare, con fini di ulteriore approfondimento e aggiornamento, qualche importante manuale di carattere generale, tra i più recenti. Questi si rivolgono spesso proprio all’obiettivo di realizzare una conciliazione di fondo tra i vari sistemi, nella convinzione che vi siano elementi comuni a tutte le teorie-tecniche psicoterapeutiche i quali, una volta identificati, potranno portare ad una integrazione, molto più che a una contrapposizione, tra le varie scuole.
Ad esempio, sono stati prodotti di recente interessanti sforzi di integrazione dei modelli cognitivo-comportamentali (Bergin e Garfield, 1994), specie cercando di conciliarli con quelli psicodinamici (Thase, Edelstein e Hersen, 1990) e anche farmacologici (Bellack e Hersen, 1990). C’è chi ha proposto una integrazione dei diversi modelli psicoanalitici (Masterson, Tolpin e Sifneos, 1991). Alcuni hanno tentato di collegare fra di loro un po’ tutti i modelli disponibili, senza particolari distinzioni per categorie (Norcross, 1987; Hersen, Kazdin e Bellack, 1991; Norcross e Goldfried, 1992; Stricker e Gold, 1993).
Tra i grossi manuali di base prodotti molto di recente, ve ne sono che sviluppano una particolare attenzione: al counseling (Brown e Lent, 1992), alle psicoterapie brevi (Crits-Cristoph e Barber, 1991; Wells e Giannetti, 1990, 1993), alla psicoterapia medica (Anchor, 1991), ai modelli clinico sociali (Snyder e Forsyth, 1991), a bambini e adolescenti (Kratochwill e Morris, 1993), specificamente alle donne (Dutton Douglas e Walker, 1988), ovvero specificamente agli uomini (Scher, Stevens e Good, 1987), alle terapie di gruppo (Kutash e Wolf, 1990; Klein, Bernard e Singer, 1992), ai gruppi etnici di minoranza (Pedersen, 1987), alle nuove psicoterapie, per lo più attive o meditative, spesso a mediazione corporea (Jones, 1994).
Vi sono anche diversi lavori sulla pratica quotidiana e per così dire materiale della psicoterapia, che vanno da una guida a tutti gli aspetti, anche amministrativi e legali, della psicoterapia (Soreff e McDuffee, 1993) a un trattato sul marketing dello psicoterapeuta (Poynter, 1994) a un ricco manuale, dedicato al paziente, per aiutarlo nella scelta del terapeuta (Engler e Goleman, 1992).
Sono uscite di recente anche delle documentate ricostruzioni storico-culturali sullo sviluppo delle psicoterapie (Freedheim, 1992; Cushman, 1995). Vi sono infine anche dei lavori notevoli che cercano di fare il punto sulla ricerca psicologica in campo clinico (Greenberg e Pinsof, 1986; Beutler e Crago, 1991; Giles, 1993; Miller, Luborsky, Barber e Docherty, 1993).
Qualche aggiornamento sul contesto italiano
Il trattato organizzato da Corsini e Wedding persegue un obiettivo di inquadramento generale su quelle che sono attualmente le più diffuse teorie-tecniche psicologiche nel movimento psicologico internazionale. Potrà dunque risultare utile riportare qualche riferimento bibliografico che aiuti il lettore a completare tale quadro con degli accenni al contesto italiano.
La letteratura psicologica nazionale in questo campo è infatti piuttosto ricca, anche se spesso gli stessi psicologi italiani non sembrano averne una chiara consapevolezza. Ho dunque pensato di fornire un supporto utile presentando una breve rassegna bibliografica che possa offrire uno spaccato del lavoro in materia.
L’elenco che segue rappresenta solo un accenno ai contributi sviluppati all’interno del nostro contesto culturale. L’elenco è certamente incompleto, ma può dare un’idea. Esso potrà servire da punto di partenza per ulteriori approfondimenti. I riferimenti in esso contenuti sono quasi tutti molto recenti, mentre vi sono stati citati solo dei volumi. La quantità di articoli italiani nel campo della psicoterapia e dei settori ad essa complementari è infatti troppo vasta per poter essere riportata in questa sede.
I lavori citati presentano qualche discontinuità. La maggior parte ha carattere sistematico e scientifico, ma vi è anche qualche cedimento ad una psicologia relativamente più immediata e popolare. Va del resto ricordato che, almeno per il pubblico (ma anche per una parte non marginale degli psicologi e degli studenti di psicologia), è proprio la psicologia presentata in termini più semplici (la cosiddetta pop psychology) quella che appare maggiormente nota e caratterizzante.
Va infine sottolineato che non è facile distinguere fra psicologia clinica, psicologia dinamica e studi sulla psicologia (specie della personalità) che si prestano a fare da base anche per l’intervento psicoterapeutico. Come già più volte ricordato, le teorie e le tecniche si confondono infatti, complementarmente, l’una nell’altra. Il quadro presentato, ancorché parzialmente arbitrario, potrà peraltro servire, oltre che per un primo approfondimento bibliografico, anche come accenno di analisi del contenuto sulle tendenze nostrane in campo clinico-dinamico. Una precisazione: per comodità del lettore, all’interno delle parentesi i testi sono elencati per ordine alfabetico invece che per data (come invece è d’uso nei lavori accademici).
In primo luogo, sono stati pubblicati vari lavori di interesse generale sulla psicologia clinica e la psicoterapia, sia a carattere di saggio teorico critico sia come testi introduttivi (Ammaniti, 1994, 1995; Ancona e Di Giannantonio, 1988; Brunori, 1984; Colamonico e Lombardo, 1989; Del Corno e Lang, 1988; Filippi, 1991; Fornari, 1976, 1981; Funari, 1986; Gentili, 1988, 1993; Girard, 1994; Grasso, Lombardo e Pinkus, 1988; Jervis, 1991, 1993; Lalli, 1991; Pagliarani, 1985; Sambin, 1989, 1990; Santonastaso, 1993; Semi, 1988-1989; Stella, 1992; Tibaldi, 1989). Una parte di questi volumi è dedicata più specificamente alla formazione in psicoterapia, ovvero attribuisce una particolare attenzione alla tecnica (Cancrini, 1984; Carli, 1987; Colamonico, 1994; Croce, 1985; Filippeschi e Celano, 1988; Genovese, 1988; Lombardo, 1994; Pinkus, 1975; Vegetti Finzi, 1986).
La tradizione italiana presta grande attenzione al modello freudiano, in una misura assolutamente superiore a quanto avviene in altri Paesi, specie negli Stati Uniti. Molti autori si richiamano dunque prevalentemente alla tradizione psicoanalitica, anche in molti dei testi (appena citati) che pure si propongono come lavori di carattere generale sulla psicologia clinica e dinamica, ovvero sulla psicoterapia o persino sulla psicologia della personalità. Alcuni volumi sono dunque dedicati in modo ancora più circoscritto al contributo della psicoanalisi: con riferimento sia al modello freudiano più o meno rinnovato sia al modello junghiano (Aparo, Casonato e Vigorelli, 1989; Brutti e Scotti, 1981; Egidi, Morpurgo e Carloni, 1987; Galimberti, 1986; Mancia, 1995; Montefoschi, 1990; Morpurgo, 1981; Neri, Correale e Fadda, 1987; Neri, Pallier, Petacchi, Soavi e Tagliacozzo, 1990; Racalbuto, 1994).
Sono stati prodotti tuttavia anche dei testi che si propongono di sviluppare un confronto tra scuole diverse, in una prospettiva tendenzialmente integrata o quanto meno di dialogo non pregiudiziale (Cancrini, 1989; Colamonico, Lombardo, Lo Verso e Montesarchio, 1986; Fossi, 1988, 1994; Giusti, Montanari e Montanarella, 1995; Marhaba e Armezzani, 1988; Munari e Racalbuto, 1985). Si tratta, nella maggior parte dei casi, di testi che confrontano più che altro i vari modelli psicoanalitici, ma ve ne sono anche che si sforzano di allargare il campo a modelli clinico-dinamici più recenti.
Molto lavoro è stato dedicato alla psicologia dei gruppi, specie in una prospettiva di intervento clinico (Amerio e Borgogno, 1976; Carli, Paniccia e Lancia, 1988; Comunian, 1993; Di Maria e Lo Verso, 1983; Di Maria, Lo Verso e Lovango, 1993; Kaneklin, 1993; Lo Verso, 1989, 1994; Napolitani, 1987; Pauletta D’Anna, 1990; Quaglino, Casagrande e Castellano, 1992; Trentini, 1987; Vanni, 1985; Vanni e Sacchi, 1992). Sul tema esiste anche una bibliografia piuttosto vasta (Lo Verso e Vinci, 1990).
Venendo agli ambiti specialistici di applicazione del modello clinico, si rileva come alcuni interventi si sono rivolti ai temi della psicologia della famiglia (Andolfi e Angelo, 1987; Carta e Cazzullo, 1984; Cusinato, 1985; Dell’Antonio, 1992) anche quella in situazione di conflitto e disagio (Cirillo e Di Blasio, 1989; Francescato, 1994). Sempre nell’ambito delle relazioni, avendo sullo sfondo il tema delle interazioni familiari, sono stati trattati, ad esempio: la coppia e le relazioni sessuali (Baldaro Verde, 1990); la tutela dei minori (Dell’Antonio, 1989); l’attaccamento (Carli, 1995); i bambini e gli adolescenti (Fava Viziello, 1983; Giani Gallino, 1993; Lis, 1993; Nicolò e Zavattini, 1992; Pietropolli Charmet e Riva, 1994).
Sono stati affrontati altri temi specifici quali, per non ricordare che alcuni esempi: le ossessioni e i tic (Bellodi e Ronchi, 1995); il lutto (Campione, 1990); le fobie (Fava, 1988; Schelotto, 1994); i disturbi alimentari (Fagiani e Raizza, 1989; Pasini, 1994; Selvini Palazzoli, 1989); le tossicodipendenze (Fava Viziello e Pigato, 1983); l’handicap (Meazzini e Battagliese, 1995); i disturbi borderline (Maffei, 1993); le crisi psicotiche (De Martis, Barale e Caverzasi, 1989); la vergogna (Battacchi e Codispoti, 1992); vari aspetti della condizione femminile visti in una prospettiva clinico-dinamica (Codispoti Battacchi, 1990; Salvini, 1993; Vegetti Finzi, 1993).
Grande spazio è stato dedicato al tema del sonno e dei sogni (Bosinelli e Cicogna, 1991; Branca, Ossola e Resnik, 1984; Fossi, 1995; Lalli, Cavaggioni e Fiori, 1994; Mancia, 1994; Pazzagli e Rossi, 1994; Quaglino e Stella, 1994; Ruggeri, 1992). Questa particolare attenzione, forse connessa anche alla già citata simpatia italiana per la psicoanalisi, rappresenta una specificità nazionale che non si direbbe altrettanto diffusa in altri ambiti culturali.
Vari lavori sono stati dedicati più specificamente a modelli teorico-tecnici più circoscritti. Tra questi, ad esempio: le tecniche psicoterapeutiche brevi (De Giacomo, Margari e Santoni Rugiu, 1992; Grasso e Cordella, 1989; Pinkus, 1986; Schiappoli e Vetrone, 1978); il modello in senso lato cognitivista (Guidano, 1988, 1992; Reda, 1986; Sanavio, 1991); i modelli sistemici (Malagoli Togliatti e Telfener, 1991; Selvini Palazzoli, Boscolo, Cecchin e Prata, 1975); lo psicodramma (Boria, 1983; De Leonardis, 1994; Rosati, 1993); la psicoterapia di ispirazione esistenziale (Gius, 1984); la psicoterapia rogersiana (Picone e Conte, 1984); la psicoterapia gestaltista (Scilligo e Barreca, 1981-1983); la dimensione corporea (Galimberti, 1983; Marianella, 1992; Pasini, 1982; Rispoli, 1985; Rispoli e Adrianello, 1988); l’ipnosi (Gulotta, 1980); l’autoosservazione (Farnè e Sebellico, 1985); la micropsicoanalisi (Peluffo, 1984); la psicosomatica (Giordani, Montanari e Amore, 1986; Pinkus, 1989); la psicologia medica (De Bertolini e Rupolo, 1994; Ravasini, 1981); lo sforzo della ricerca, anche in una prospettiva epistemologica (Bosinelli, 1984; Conte e Dazzi, 1982; Lombardo e Malagoli Togliatti, 1995; Rispoli, Nunziante Cesaro, Valerio e Dolce, 1988).
La notevole presenza degli psicologi all’interno del Servizio Sanitario Nazionale, ovvero le particolari caratteristiche della legge psichiatrica italiana, hanno indotto a dedicare molta attenzione alla dimensione clinica nei servizi (Ardizzone, Candidi e Scaffidi, 1992; Lo Verso, Giarrizzo, Guzzo e Papa, 1989; Lombardo, 1992; Minguzzi, 1986; Pagliaro, 1984), ovvero alla psicologia clinica in ambito istituzionale e di comunità (Fornari, 1976; Francescato, 1989; Francescato, Contesini e Dini, 1991; Francescato, Leone e Traversi, 1993; Palmonari e Zani, 1980; Pietropolli Charmet, 1987).
Alcuni testi hanno cercato di esaminare il rilievo anche della dimensione clinica nell’ambito della formazione in psicologia all’interno delle università (Favretto e Majer, 1990; Perussia, 1993; Perussia, Converso e Miglietta, 1995). Più in generale, ha di fatto un notevole rilievo di interesse clinico anche il tema della professione psicologica in genere (Bartolomei e Wienand, 1979; Calvi e Lombardo, 1989; Palmonari, 1981; Perussia, 1994; Trasforini, 1991) e della professione psicoterapeutica in particolare (Benvenuto e Nicolaus, 1990; Lo Verso, Peirone, Piraino e Venza, 1987). Sempre in questa direzione, sono state esaminate le leggi relative alla psicoterapia in Italia (Carli, Cecchini, Lombardo e Stampa, 1995) e, anche da noi, il marketing dello psicologo psicoterapeuta (Giusti e Palomba, 1993).
Come ultimo elemento, sempre ricordando il tema di fondo che caratterizza tutto questo trattato, secondo cui non esiste terapia senza teoria così come ogni teoria implica specifiche modalità di applicazione, potrà essere utile ricordare qualche riferimento al contributo italiano nel campo della psicologia della personalità, in quanto appunto completamento e contraltare di qualsiasi intervento sulla soggettività (Attili, 1993; Capello, 1993; Caprara e Gennaro, 1994; Carotenuto, 1991; Dogana, 1993; Fiora, Pedrabissi e Salvini, 1988; Forzi, 1992; Gius e Cavanna, 1978-1979; Lombardo e Pedone, 1995).
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Felice Perussia, quarant’anni abbondanti di lavoro psicologico con i gruppi, specie come mastro (e apprendista) di psicodramma & ipnosi, ma anche oltre trent’anni come professore ordinario di Psicologia Generale (Personalità, Storia) all’Università – Faccio base, con un gruppo di brillanti colleghe, principalmente a Milano 3474753143