Il TSO è stato un passo avanti, ora si tratta di compierne altri

 

 

La sofferenza psicologica grave, così come il nostro modo di affrontarla, configura un problema di assai difficile soluzione. Il trattamento di tale sofferenza viene realizzato oggi in Italia seguendo il principio della solidarietà sociale, ma di fatto produce gravi disagi alle famiglie, che si trovano a gestire la difficile situazione senza adeguati supporti, mentre viene organizzata dal sistema sanitario pubblico in modi che non sono considerati soddisfacenti quasi da nessuno, a partire dagli operatori sanitari stessi.

Sullo sfondo di questo scenario, molte critiche vengono rivolte al Trattamento Sanitario Obbligatorio TSO. In particolare: viene giustamente rifiutato il modo in cui tale trattamento può essere applicato in singole circostanze, quando ci sono persone che intervengono in modo sbagliato e arrivano a produrre esiti anche drammatici.

Per capire pienamente la situazione, occorre però ricordare che il Trattamento Sanitario Obbligatorio TSO presenta certo grandi e talvolta tragici limiti; ma che si tratta di una conquista storica della medicina e della legge italiana.

Il Trattamento Sanitario Obbligatorio è stato introdotto  a suo tempo con lo scopo di proteggere la persona che soffre e non certo con lo scopo di perseguitarla. Il TSO si collega alla riforma psichiatrica degli anni ’60-’70 del Novecento.

Nel criticarla a priori, sembra che molti abbiano dimenticato il fatto che, prima del Trattamento Sanitario Obbligatorio, in Italia esisteva solo il ben peggiore Ricovero Coatto, rispetto al quale il TSO rappresenta comunque un progresso rilevante, ancorché da migliorare.

La differenza principale fra il Trattamento Sanitario Obbligatorio (dal 1978 a oggi) e il Ricovero Coatto (che è stato legge dal 1904 al 1978) consiste nel fatto che oggi (anni Duemila) una persona può essere costretta al ricovero solo se essa stessa (proprio lei) si trova in condizioni di grave necessità e se il ricovero viene disposto dalla certificazione di ben due medici (almeno uno dei quali operante nel Servizio Sanitario Nazionale) accompagnata contemporaneamente  da una delibera emessa dal Sindaco sotto la propria responsabilità. Il trattamento deve inoltre essere subito convalidato dal giudice tutelare.

In sostanza: in virtù del Trattamento Sanitario Obbligatorio, la reclusione forzata della persona in ospedale psichiatrico è stata resa molto più difficile e molto meno arbitraria di quanto non avvenisse fino ad allora con il Ricovero Coatto.

 

Ricovero Coatto

 

Fino al 1978: chiunque poteva essere internato, ogni volta che sembrava “pericoloso a sé o agli altri” o anche solo se pareva offrire “pubblico scandalo”. Entrambe queste fattispecie sono venute meno proprio grazie alla legge 180/1978.

Anche la normativa precedente sul Ricovero Coatto (legge 36/1904) prevedeva una tutela e una verifica a posteriori da parte della magistratura,  sulla base dei dati forniti da un singolo medico (senza ulteriori qualifiche). Di fatto la normativa sul Ricovero Coatto permetteva però che l’arresto intervenisse in una gamma assai ampia e indefinita di casi, dato che: “L’ammissione degli alienati nei manicomi deve essere chiesta dai parenti, tutori o protutori, e può esserlo da chiunque altro nell’interesse degli infermi e della società” (legge 36/1904). Cioè, in sostanza: la poteva richiedere chiunque.

La legge sul Ricovero Coatto prevedeva che: “L’autorità locale di pubblica sicurezza può, in caso di urgenza, ordinare il ricovero, in via provvisoria, in base a certificato medico, ma è obbligata a riferirne entro tre giorni al procuratore del re, trasmettendogli il cennato documento” (legge 36/1904). Là dove l’urgenza, in una situazione di crisi quale è tipica del disagio psicologico grave, è di fatto molto più la regola che non l’eccezione.

Nella realtà quotidiana la pratica si era però fatta progressivamente sempre meno rigorosa. Nella sostanza poteva accadere, per inesorabile necessità, che ad esempio le forze di sicurezza intervenissero direttamente, quando sospettavano che vi fosse pericolo o pubblico scandalo, per ricoverare coattivamente una persona, con procedure molto simili a quelle con cui attuavano un arresto in fragranza di reato. Anche perché, se non lo avessero fatto, sarebbero state accusate di negligenza.

Di fatto, il Ricovero Coatto rappresentava una circostanza legale, nel nostro ordinamento giudiziario, in cui venivano sospesi i diritti civili (nel senso stretto dell’habeas corpus) per la persona. Chiunque poteva dunque, in qualsiasi momento, essere arrestato e internato (in un Ospedale Psichiatrico) senza l’intervento diretto di una pronuncia della magistratura, senza che ne venisse informato un avvocato difensore, senza riferimento al fatto di avere commesso un reato previsto dal Codice.

La legge 36/1904 era intitolata a: “Disposizioni sui manicomi e sugli alienati: Custodia e cura degli alienati.”

 

Trattamento Sanitario Obbligatorio

 

Il Trattamento Sanitario Obbligatorio viene istituito invece con la legge 180/1978 (detta anche: legge Basaglia) che è intitolata proprio agli “Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori” poi ulteriormente regolamentata dalla legge 23 dicembre 1978 n. 833 (articoli 33-35) con cui viene organizzato tutto l’insieme del nuovo Servizio Sanitario Nazionale.

Il Trattamento Sanitario Obbligatorio TSO non è un elemento accessorio nella legge 180/1978  o Legge Basaglia bensì il suo principio ispiratore centrale. La legge 180/1978 nasce proprio per impedire che la presunta malattia mentale possa diventare l’occasione di un arresto dalle limitate garanzie giuridiche.

E’ solo nella sua seconda parte che la legge 180/1978 prevede, in virtù dell’Art. 7 relativo al “Trasferimento alle regioni delle funzioni in materia di assistenza ospedaliera psichiatrica”, la riorganizzazione dell’assistenza sanitaria in tema di salute mentale. E’ in questo modo che la legge 180/1978 introduce di fatto la sostanziale chiusura degli ospedali psichiatrici italiani, i quali vengono sostituiti per legge da nuove forme di assistenza sanitaria.

L’art. 7 della legge 180/1978 proclama in particolare: “A decorrere dall’entrata in vigore della presente legge le regioni esercitano anche nei confronti degli ospedali psichiatrici le funzioni che svolgono nei confronti degli altri ospedali. […] E’ in ogni caso vietato costruire nuovi ospedali psichiatrici, utilizzare quelli attualmente esistenti come divisioni specialistiche psichiatriche di ospedali generali, istituire negli ospedali generali divisioni o sezioni psichiatriche e utilizzare come tali divisioni o sezioni neurologiche o neuropsichiatriche.”

Merita pure ricordare chela legge 180/1978 si collega anche alla sostanziale chiusura degli ospedali psichiatrici, di fatto sono state abolite in Italia le classi scolastiche differenziali nell’ambito della scuola dell’obbligo. Fino ad allora: i bambini considerati diversamente abili non venivano accolti nelle medesime classi scolastiche di tutti, ma erano rinchiusi in aule speciali che raccoglievano solo i bambini considerati inferiori sul piano intellettuale o comportamentale.

Tornando al tema specifico del Trattamento Sanitario Obbligatorio, merita ricordare che a suo tempo il primo articolo della legge 36/1904 si apriva con le parole: “Debbono essere custodite e curate nei manicomi le persone affette per qualunque causa da alienazione mentale, quando siano pericolose a se’ o agli altri e riescano di pubblico scandalo e non siano e non possano essere convenientemente custodite e curate fuorché nei manicomi.” Il concetto che stava alla base di tale legge era che l’autorità può decidere sempre, se lo ritiene, al posto della persona.

Il primo articolo della legge 180/1978 dichiara invece, con puntualità e accuratezza in ogni suo passaggio, che: “Gli accertamenti e i trattamenti sanitari sono volontari. Nei casi di cui alla presente legge e in quelli espressamente previsti da leggi dello Stato possono essere disposti dall’autorità sanitaria accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori nel rispetto della dignità della persona e dei diritti civili e politici garantiti dalla Costituzione, compreso per quanto possibile il diritto alla libera scelta del medico e del luogo di cura.”

 

Superare e Migliorare è diverso che Eliminare

 

Tutto ciò che attiene all’assistenza delle persone in difficoltà e che soffrono di disagi psicologici ha un enorme bisogno di essere riorganizzato con l’obiettivo di un suo netto miglioramento.

Ma prendersela con il Trattamento Sanitario Obbligatorio in se stesso, per lo più confondendolo con le forme più degradate del Ricovero Coatto, non contribuisce molto a trovare una soluzione migliore per il drammatico tema.

In qualche occasione, l’operazione di attaccare il Trattamento Sanitario Obbligatorio TSO, eventualmente per eliminarlo, ricorda quella dell’attaccare la legge sulla Interruzione Volontaria della Gravidanza (detta: Legge sull’Aborto) o quella sullo Scioglimento del Matrimonio (detta: Legge sul Divorzio) con la dichiarata intenzione di migliorarle, ma eventualmente per eliminarle e niente più.

Spesso si tratta di istanze che nascono da ottime intenzioni; ma qualche volta no. Benché sia un fatto che gli sforzi delle nostre amministrazioni per offrire assistenza alla persona in difficoltà psicologica devono assolutamente essere migliorati.

Il Trattamento Sanitario Obbligatorio è nato per proteggere la persona dagli abusi che intervenivano in precedenza. Tuttavia, come è accaduto per tanti aspetti della legge 180/1978: la nuova normativa doveva essere accompagnata da una serie di interventi e dalla realizzazione di adeguate strutture assistenziali e di supporto, che però non sono state realizzate.

D’altra parte: ci sono circostanze (rare, ma che si verificano) in cui la persona non è proprio in grado di gestirsi sul piano mentale e deve quindi poter essere aiutata ad aiutarsi, specie quando si trova in uno stato di necessità cui non riesce a dare forma in senso positivo per lei stessa. Occorre anche poter dare supporto a quanti si prendono generosamente carico di tali difficoltà.

Va sottolineato anche che, nella stragrande maggioranza dei casi: gli psicologi, i medici, gli infermieri, le forze dell’ordine, i gruppi di volontari, i parenti e tutti quanti tentano di intervenire in queste difficili circostanze, lo fanno con attenzione, con competenza e con grande sacrificio. Non sono gli eventuali casi singoli di cattivo comportamento, benché spregevoli, che ci possono fare dimenticare le tante persone che in queste circostanze danno una mano con straordinario impegno e abnegazione.

Tutto ciò che attiene al disagio psicologico grave deve assolutamente compiere dei passi avanti, verso qualche cosa di meglio.

Ma il nostro desiderio di andare oltre non può rappresentare un buon motivo per fingere che la situazione attuale non sia stata un notevole passo avanti (ancorché, merita ripeterlo, assolutamente da migliorare) rispetto a un passato che certo  era assai peggiore.