Contro l’inquinamento urbano: Fare penitenza con un esorcismo! 2015

 

 

Un modo considerato semplice, da parte dei soggetti più semplici, per affrontare il problema dell’inquinamento urbano è quello di vietare il traffico ai mezzi con motore a scoppio per qualche giorno. Esiste uno stereotipo popolar-politico secondo cui questa è la soluzione.

Il caso del blocco del traffico attuato a Milano a fine 2015 dimostra oggettivamente, secondo i dati ufficiali della ARPA Lombardia, Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale che il blocco del traffico  fa aumentare decisamente l’inquinamento stesso

Il dato (evidence based) è sicuro e convincente, scientificamente parlando, anche se merita di essere ulteriormente verificato in altri casi (il che risulta piuttosto facile quando ci sono dati ufficiali)

Si tratta comunque di un esempio ed una occasione in più per approfondire il tema di come, in termini di psicologia & ecologia, la mitologia popolare-politica può essere davvero lontana dal dato scientifico-oggettivo, pure costantemente citato come se fosse la fonte che giustifica, oltre ogni ragionevole dubbio, i propri stereotipi.

 

Traffico & Inquinamento a Milano nel dicembre 2015

Sono decenni che di quando in quando vengono bloccate le auto, salvo rilasciare un po’ di permessi non sempre chiari ed evitare di imporre blocchi alle auto (blu) di servizio, senza che questo abbia mai abbassato alcun inquinamento.

Tutto ciò è dimostrato in modo chiarissimo dai dati scientifici di sempre. Il caso dell’inquinamento a Milano sul finire del 2015, con gli ennesimi quanto inutili blocchi del traffico che ne sono conseguiti, è a sua volta solo l’ennesimo caso di una serie senza fine.

Per sapere che cosa è successo effettivamente all’inquinamento nei tre giorni del blocco del traffico, possiamo basarci sulle rilevazioni che vengono sistematicamente realizzate e rilasciate ufficialmente da ARPA Lombardia, Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale.

Riprendo qui sotto, direttamente dal sito dell’ARPA, i dati pubblicati in quei giorni con riferimento alle concentrazioni di polveri sottili PM10 dalla centralina di via Senato (zona molto centrale, rappresentativa di Scala, Duomo, Montenapoleone ecc) e dalla centralina di Città Studi (zona relativamente più periferica, rappresentativa di Politecnico, Lambrate, Buenos Aires ecc).

Ricordo che il blocco totale del traffico è durato tre giorni consecutivi: lunedì 28, martedì 29 e mercoledì 30 nel dicembre 2015, per tutta l’area del comune di Milano e con modalità simili anche presso alcuni altri comuni lombardi, fra le ore 10.00 e le ore 16.00.

Riporto qui sotto una scelta di 3 fra le molte tavole che ho ripreso, giusto per rendere l’idea (senza appesantire troppo questa nota di numeri) di quanto è successo “oggettivamente” secondo dati scientifici autorevoli tutti ufficiali e che ognuno può verificare personalmente sui dati dell’Agenzia Regionale ARPA.

Dai dati emerge chiaramente che:

  • In zona Città Studi: il blocco del traffico ha prodotto un evidente aumento dell’inquinamento proprio mentre i mezzi non potevano circolare [prima tavola]
  • In zona Senato: il blocco del traffico ha prodotto un evidente aumento dell’inquinamento, anche confrontando il dato medio dei tre giorni precedenti e successivi al blocco del traffico confrontati con la media dei tre giorni di blocco, quando i mezzi non potevano circolare [seconda tavola]
  • Se poi si osservano i dati relativi alla settimana precedente il blocco del traffico (in zona Senato) quando i mezzi non potevano circolare, si scopre che l’inquinamento stava scendendo in modo costante fino ad arrivare sotto il livello ufficiale di guardia, salvo poi risalire sopra il livello di guardia in concomitanza con il blocco del traffico  [terza tavola]

 

 

 

 

Una soddisfazione per molti

Se dovessi ragionare da scienziato, mi aspetterei che: una volta verificato il fatto che l’esperimento fallisce, l’amministratore serio abbandona questa pratica. In termini scientifici, si tratta infatti di un vero e proprio evidence based controlled trial in piena regola, di quelli su cui ci si basa efficacemente per prendere decisioni importanti.

Solo che, in questo caso, le evidenze sperimentali producono risultati esattamente contrari a quelli che logicamente ne dovrebbero derivare in teoria. Da decenni, i blocchi del traffico non abbassano le polveri (a meno che nel frattempo non si metta a piovere sul serio) ma vengono reiterati con enfasi missionaria portando un senso di rassicurazione a tanti cittadini. Ne possiamo dedurre che sono apprezzati per qualche altra ragione.

D’altra parte: anche le preghiere non sortiscono sempre l’effetto desiderato, ma possono rappresentare una grande consolazione  per chi le recita credendoci fino in fondo. Quindi: possono essere un aspetto importante della vita anche se non ti fanno vincere la lotteria.

Il tema meriterebbe spiegazioni ulteriormente articolate, che permetterebbero a tutti noi di guadagnare in lucidità.

Qui comincio a introdurre alcuni dati evidenti, rimandando ad altri passaggi per ulteriori approfondimenti.

  • Il blocco del traffico funziona più o meno quanto gli impacchi anti-rughe o le creme anti-età o quelle per fare ricrescere i capelli. Probabilmente non ottengono affatto quello che tanto si desiderava, ma sono comunque meglio di niente. Danno la sensazione di fare qualche cosa per scongiurare l’ansia che si collega a ciò contro cui ci permettono di lottare simbolicamente. In pratica: ci aiutano ad allontanare il demone del male e ci permettono di sognare.
  • Il blocco del traffico gratifica il gusto paranoico dell’onnipotenza che è assai diffuso nella cultura scientifico-industriale moderna. Se si crede fermamente l’inquinamento sia soprattutto solo un prodotto dell’attività umana, questa è una prova del fatto che l’essere umano è addirittura più potente della natura stessa. Lo stesso vale per la capacità umana di eliminare la crisi della natura semplicemente cambiando il proprio comportamento. In poche parole, evoca il fatto che l’essere umano (anch’io personalmente) è in grado di piegare la natura. In un senso o nell’altro: siamo noi gli inquinatori così come siamo sempre noi i salvatori del bene ambientale.
  • Fermare le macchine presenta connotazioni luddiste. Dà la sensazione di punire le automobili, l’industria, il commercio (tutti danneggiati simbolicamente dalla processione pedonale) cioè fargliela vedere a dei simboli che nella cultura pop più diffusa identifica con la produzione di ricchezza e quindi con il male, nel classico senso arcaico di quello che si chiamava catto-comunismo.
  • Colpire le auto tranquillizza rispetto al fatto che nella realtà il riscaldamento delle case (di casa mia) è una causa assai più rilevante di inquinamento urbano. Quasi nessuno si sogna, in casa sua, di ridurre davvero (in concreto e non solo a parole) il riscaldamento quando sente freddo o di ridurre l’aria condizionata quando sente caldo. Ridurre le auto, specie per chi le usa poco o nulla, suona come un’ottima alternativa. Quindi: fermiamo le auto (soprattutto se di solito non le uso) così posso continuare a fare andare il climatizzatore.
  • Il fantasma ecologico è molto coltivato da amministratori e politici, poiché distrae da altre questioni che potrebbero risultare più imbarazzanti. E’ molto meglio che la gente si occupi di un tema vago e generico definito come “la civiltà moderna inquina e manca di valori ecologici” invece che preoccuparsi di temi come la povertà reale, le leggi discutibili, la scarsa attenzioni ai dati scientifici condivisi quando si prendono decisioni, le banche inaffidabili, la corruzione, gli accordi politici sottobanco ecc ecc. Quindi: meglio favorire questa disposizione alla catastrofe vaga.
  • Il blocco delle auto è un’occasione per imporre delle blande misure repressive su qualche cosa (in questo caso: non usare l’auto). Ciò aiuta a certificare pubblicamente il potere dell’amministrazione agi occhi dei cittadini. Può essere una prova generale dell’imporre un comportamento collettivo. Attualmente, l’autorità politica è fortemente delegittimata agli occhi del pubblico e quindi sente un grande bisogno di ragioni credibili e condivise per mostrare una volta tanto i muscoli, cioè il potere amministrativo di indirizzo, di veto e di costrizione nei confronti dei cittadini.
  • Il fatto che l’inquinamento deriva da pratiche umane facilita , anche grazie al mito della tecnica che batte l’inquinamento, l’introduzione di sanzioni elevate di vario tipo, su comportamenti vari, che appaiono accettabili per il senso di colpa primigenio di una parte del pubblico. Le amministrazioni riescono già a raccogliere almeno due miliardi di euro all’anno sulle strade e sperano di ricavarne almeno altrettanti sotto la voce ecologia. Tutto ciò offre insomma facili pretesti per multare ulteriormente i cittadini e aumentare il gettito fiscale senza che sembri un aumento delle imposte (“non mettiamo le mani nelle tasche dei cittadini!” se non per alte ragioni morali).
  • Più in generale, rinforzare il fantasma dell’inquinamento nella mente del pubblico aiuta a radicare l’idea dell’inquinamento come pretesto mistico in nome del quale aumentare l’imposizione fiscale, ben al di là delle multe sui rifiuti, il cui gettito viene poi magari utilizzato per altri scopi, ma con la scusa di scongiurare questo diavolo moderno.
  • La lotta contro il fantasma giustifica investimenti miliardari con dichiarati fini di prevenzione ed offrire così alle amministrazioni nuovo denaro fresco per assegnare appalti, assumere persone e pagare prebende o consulenze e così via
  • Il tema dell’inquinamento è molto coltivato dai politici che sono all’opposizione, poiché è un’ottima forma para-scientifica di supporto all’equazione “Piove: Governo ladro!” in quanto il governo non fa abbastanza contro il grande male, mentre la scienza (che è con me) ci dice che agli esseri umani sarebbe certo possibile ottenere qualsiasi cosa se solo agissero nel modo giusto.
  • Sul tema dell’inquinamento e della crisi ambientale pone volentieri cappello anche la Chiesa. Sentirsi colpevoli per avere sottomesso la natura (o almeno per il fatto di fantasticarlo) non è lo stesso che credere nel peccato originale di superbia nei confronti di Dio. Potrebbe però essere cionondimeno un passo su questa strada in mancanza di meglio.

 

Conclusione

La psicologia nutre una forte disposizione ad attribuire la massima rilevanza alla soggettività. Il che però non impedisce a noi psicologi di tentare sempre, nei limiti del possibile, anche degli utili confronti con la realtà.

Rispetto a questa disposizione psicologica a considerare la soggettività come fondamentale, ma distinguendola per quanto possibile dai fatti, altre forme di definizione del mondo paiono a volte anche molto più soggettive che per gli psicologi.

Il tema della psicologia ecologica-ambientale  ci aiuta a comprendere meglio il tema.

Per cui: continuiamo a studiarlo ad ogni occasione.