Ogni anno, specie con la ripresa dell’anno accademico a settembre, si ravviva l’eterna questione relativa alla contrapposizione tra Numero Chiuso e Numero Aperto per le iscrizioni universitarie in Italia.
Sono molte le variabili in gioco nel dibattito, ma una fattore determinante, quanto raramente dichiarato, attiene alla contrapposizione tra due visioni del valore intrinseco attribuito al titolo di studio che l’Università fornisce a chi completa gli studi: Valore Legale o Valore Convenzionale?
Si tratta veramente di una contrapposizione tra visioni del mondo, un po’ come la contrapposizione fra Diritto Romano (latino, filosofico, europeo, classico) e Diritto Consuetudinario (nordico, modernista, anglo-americano, produttivista).
Valore Legale del titolo di studio indica, tra l’altro, che:
- Il possesso del Diploma di Laurea certifica di per se stesso e per definizione, in virtù di leggi statali costrittive, la competenza della persona che lo possiede. Non sono ammesse competenze al di fuori della certificazione legale.
- Il laureato è considerato dunque competente per il solo fatto di avere una laurea, indipe3ndentemente dal fatto che sappia fare qualche cosa o no. Chi non dispone di laurea, è considerato incompetente di per se stesso (per approfondire, puoi vedere: Professori senza laurea in Università?).
- La laurea riconosciuta dallo Stato è necessaria in Italia per svolgere legalmente le professioni e per affrontare gli Esami di Stato, necessari per iscriversi a qualcuna delle nostre numerose corporazioni-ordini professionali (che sono una istituzione rara o pressoché inesistente nel resto del mondo occidentale) o per partecipare a concorsi pubblici (che ben di rado esistono in altre culture occidentali a parte la nostra, almeno nella tipica forma burocratica, farraginosa e solo formalmente egualitaria (per approfondire lo scenario in cui i concorsi si svologno, puoi trarre spunto da: Il credo politico degli Italiani).
- Il valore legale è riconosciuto identico per tutti i Diplomi di Laurea, i quali vengono totalmente parificati l’uno all’altro, indipendentemente dal fatto che siano stati conseguiti in un’antica e prestigiosa Università degli Studi (pubblica) o in una Università telematica costituita tre anni fa come società privata. L’unica cosa che conta è che la Laurea rilasciata sia riconosciuta formalmente sul piano burocratico.
- Tutti i laureati hanno diritto ad essere definiti, per legge, dottori. Sono professionisti-scienziati per definizione. In uno scenario occidentale in cui generalmente anche le più alte cariche pubbliche vengono definite semplicemente Sigora Tale o Signor Tale (anche se si tratta del Presidente degli Stait Uniti) senza la serie di titoli da Caballeros che caratterizza la tradizione spagnolescha-italica (che verrebbe percepita come grottesca).
- In una parola: possedere una Laurea significa acquisire vitanaturaldurante una identità o ruolo sociale burocratico formale di capacità e intellettualità superiore.
Valore Convenzionale del titolo di studio indica, tra l’altro, che:
- Il titolo di studio non ha alcun valore legale. Non ci sono ordini professionali; non esiste l’Ordine dei Medici né l’Ordine degli Ingegneri né l’Ordine degli Psicologi ecc. L’assunzione nelle amministrazioni statali avviene nei termini di qualsiasi assunzione privata e non attraverso concorsi pubblici paragonabili a quelli italiani. Quiesta situazione, nel bene e nel male, ricorre nella maggioranza dei Paesi occidentali, a partire dagli Stati Uniti.
- L’autorevolezza del contesto di formazione ha un peso determinante nel dare maggiore o minor peso al titolo di studio. La Laurea conseguita e garantita presso una Università di alto prestigio ha un valore molto superiore, in termini professionali e di propensione ad assumere da parte delle aziende o delle amministrazioni, di una Laurea con minore credibilità scientifica o di qualità (con una fama e un rating più bassi).
- Una persona, che sia laureata o no, è considerata competente per la valutazione che l’osservatore ne da. La qualità della Laurea (da quale istituzione è garantita) rientra decisamente nella valutazione, ma non la laurea come titolo in sé (che non dice più di tanto).
- Difficilmente si chiama “dottore” un laureato, con la sola eccezione dei medici praticanti. La eventuale qualifica è data, informalmente, dall’attività che ciascuna persona sta svolgendo per davvero (più che dai certificati che ha ottenuto).
Dove il valore del titolo di studio è convenzionale (credibilità dell’Istituzione che lo rilascia) la sede che certifica la Laurea (in una stessa materia) è determinante, per cui conta avere la laurea dalla sede più qualificata possibile.
Dove il valore del titolo di studio è legale (tutte le lauree sono identiche, in una stessa materia) conta solo avere una laurea (una per l’altra) almeno con riferimento a Ordini professionali e impieghi statali.
Si contrappongono insomma due concezioni molto diverse.
Da una parte: la qualità della formazione, che si realizza solo con numeri limitati e con grande impegno individuale. Questa è caldeggiata da esperti, professori, scienziati e più in generale da chi si sente portatore di competenze più che di titoli.
Dall’altra parte: la possibilità di avere un titolo legale, perché è l’unico modo per poter accedere a molte delle professioni private (Ordini Professionali) e pubbliche (Concorsi). Questa è caldeggiata da chi ancora non lavora e cioè i giovani (e molte delle loro famiglie).
Ci torneremo su.

Felice Perussia, quarant’anni abbondanti di lavoro psicologico con i gruppi, specie come mastro (e apprendista) di psicodramma & ipnosi, ma anche oltre trent’anni come professore ordinario di Psicologia Generale (Personalità, Storia) all’Università – Faccio base, con un gruppo di brillanti colleghe, principalmente a Milano 3474753143