Lockdown è il termine unico ufficiale che la comunicazione governativa-mediatica ha scelto per definire in modo univoco gli interventi volti a combattere l’epidemia Covid-Coronavirus-Sars del 2020
Cosa significa esattamente “lockdown”?
Quali possono essere le ragioni della scelta di questo unico termine, tra le molte alternative possibili?
LOCKDOWN è una parola sola, angloamericana, che fino al primo quarto del 2020 è stata usata assai poco
E’ poco anglo e moderatamente statunitense
Viene dalla somma di altre due parole
LOCK: cella d’isolamento, carcere di massima sicurezza, camera stagna, chiudere a chiave, serrare, buco, buca, gabbio
DOWN: giù, sotto, (schiacciato) fino in fondo
All’origine c’è il termine latino LOCUS: luogo, spazio circoscritto
La scelta del termine Lockdown risponde chiaramente a una strategia comunicativa precisa e meditata
come avviene per qualsiasi comunicazione strategica ufficiale
Salta subito agli occhi il fatto che tale strategia punta sul concetto della chiusura, del chiudere-dentro, del blocco-paralisi
Non fa riferimento, nel suo termine-simbolo, agli obiettivi dell’azione;
nel senso che non cita, direttamente o indirettamente, nulla del tipo: emergenza, necessità, prevenire, limitare, contenere
Non prende nella benché minima considerazione la volontà o disponibilità della popolazione a operare per l’obiettivo di risoluzione (che non viene citato); per cui manca qualsiasi riferimento del tipo: comunità, soccorso, solidarietà, collaborazione, aiuto
In conclusione
La strategia comunicativa ufficiale ha scelto di puntare sul comando, l’obbligo, la coercizione
Invece che sull’obiettivo della salvezza, né sulla chiamata ad uno sforzo collettivo, comune, armonioso per il riscatto
La sensazione di fondo è che i decisori,
forse per scarsa fiducia nei cittadini e nella loro disponibilità e generosità,
abbiano preferito confermare una volta di più l’arcaica concezione cattolica-statalista secondo cui i cittadini sono colpevoli per natura
Da cui consegue che gli esseri umani possono essere governati
non certo sollecitandone la buona volontà
bensì solo imponendogli, senza troppe spiegazioni, degli obblighi
Forse si tratta di una strategia ragionevole e magari efficace, ancorché piuttosto cinica
Forse no
Ma merita rendersene conto e rifletterci sopra
Specie per chi si occupa di comunicazione e di psicologia anche collettiva
Teniamoci in contatto via:
Linkedin – https://www.linkedin.com/in/perussia [linkedin]
Instagram – https://www.instagram.com/felice.peru…

Felice Perussia, quarant’anni abbondanti di lavoro psicologico con i gruppi, specie come mastro (e apprendista) di psicodramma & ipnosi, ma anche oltre trent’anni come professore ordinario di Psicologia Generale (Personalità, Storia) all’Università – Faccio base, con un gruppo di brillanti colleghe, principalmente a Milano 3474753143